Le fantasie di Trump crollano: le rivolte nei governi USA e israeliano indicano che la guerra è vicina

Se non è un misero che molte delle sbruffonate di Trump siano sostanzialmente dei bluff che il presidente statunitense lancia nell’arena anche solo per vedere che effetto fanno – non ultima quella del trasferimento dei palestinesi da Gaza con il controllo della Striscia da assegnare agli americani, soluzione osteggiata, da tutti israeliani compresi, in modo così pervasivo che Trump l’ha dovuta relegare a “suggerimento” – sembra proprio che questa volta quella della guerra contro l’Iran sia una eventualità concreta.

Si può facilmente capire come questo contrasti con l’immagine e le parole di un politico che è stato eletto, ed aveva promesso, di non avviare nuove guerre e ne mette in grande difficoltà anche l’immagine pubblica e le prospettive future per il governo. Ma evidentemente c’è qualcosa che sta “costringendo” Trump a procedere diversamente da quanto si augurasse e ci sono più indizi che fanno capire che la guerra contro l’Iran sia prossima e sono le rivolte scatenate nei governi statunitense e israeliano nei ci sono vere e proprie rivolte palesi a questa possibilità.

Accanto a trumpiani convinti come Marjorie Taylor Greene e l’ex-generale USA e NATO Douglas McGregor è sfuggito a pochi la recentissima deposizione di Tulsi Gabbard, l’ex-militare da poco nominata Direttrice dell’Intelligence Nazionale, che in sede parlamentare ha affermato che l’Iran non ha un programma nucleare militare e che l’ayatollah Khamenei non ne ha mai autorizzato uno.

Nel video precedente viene riportata una delle frasi più importanti della Gabbard durante la sua deposizione: “La Comunità di Intelligence continua a ritenere che l’Iran non stia costruendo armi atomiche e il leader supremo Khamenei non ha autorizzato un programma nucleare militare che lui stesso ha sospeso nel 2003. La Comunità di Intelligence continuerà a monitorare per controllare se il programma nucleare militare nucleare venga ri-autorizzato.”

Questa dichiarazione, in un momento in cui lo stesso Presidente degli Stati Uniti continua a parlare di programma nucleare militare per giustificare un attacco contro Teheran e mentre i preparativi in tal senso sono in pieno svolgimento non può che essere considerato un messaggio di ribellione dell’intelligence USA, e probabilmente anche dei suoi militari, alla guerra contro l’Iran. La dichiarazione della Gabbard, letta per conto di una organizzazione, toglie qualsiasi alibi al Presidente che l’ha fatta eleggere. Non è un segnal da sottovalutare.

Così come non lo sono i segnali che arrivano da Israele in cui, sia Benny Gantz che uno dei precedenti presidenti della Corte Suprema israeliana parlano apertamente di “guerra civile” nel paese. Ha iniziato Aharon Barak, dichiarando che il licenziamento del Procuratore Generale e del Direttore dello Shin Bet “sono assolutamente e spietatamente illegali” aggiungendo che “siamo più vicini che mai alla guerra civile” (video di seguito)

Ha continuato Benny Gantz, dichiarando anche lui che “il paese è ad un passo dalla guerra civile”, tanto da costringere proprio Netanyahu a diffondere un messaggio il 22 Marzo agli israeliani in cui il premier israeliano dichiarava espressamente:

“Non ci sarà alcuna guerra civile. Il paese rimarrà democratico”

Le parole di Netanyahu, che parla anche lui di guerra civile dovendo smentirla, chiariscono la situazione e che questi termini non sono esagerati. Sono i termini che oggi i politici usano in Israele, tanto da costringere il premier a dichiarare che “Israele rimarrà democratica”.

La situazione nel paese è disperata soprattutto dal lato economico ed è chiaro che ormai solo la guerra impedisce a tutti i problemi di materializzarsi. Sempre da Israele il quotidiano Haaretz dice esplicitamente (tweet di seguito):

“Dobbiamo interiorizzare [capire, accettare] che Netanyahu sta facendo a pezzi Israele. Se non lo sostituiamo il danno potrebbe essere certamente irreversibile.”, scrive in un editoriale. Israele non può più quindi fermarsi ed ha bisogno disperato della guerra perché il paese si lacererebbe se questa si fermasse. E, nonostante questo, ha bisogno di fermare le guerre che non sta vincendo perché accelerano la sua distruzione. Una situazione non risolvibile a meno di non ottenere una completa vittoria che però non sta arrivando.

L’urgenza quindi degli Stati Uniti è quella ormai di salvare Israele, cercando di costringere l’Iran e le altre forze regionali a trovare accordi che salvino Tel Aviv. I media sono spesso focalizzati sugli attacchi di Israele contro i suoi nemici, considerandoli prove di forza quando sono invece delle dimostrazioni di debolezza. La situazione attorno al paese è drammatica, con problemi in Siria – dove la situazione sta precipitando – in Libano, in cui Hezbollah sta solo attendendo di dimostrare che il governo libanese è corrotto e al soldo degli occidentali e ovviamente in Iran dove l’attacco ad Israele è in corso di preparazione mentre nessuna forza occidentale sembra poter riaprire il commercio internazionale attraverso il Mar Rosso, una delle cause della drammatica situazione economica di Israele.

E’ ormai chiaro a tutti che l’Iran non si farà intimidire e non accetterà le condizioni statunitensi. Non è ancora chiaro se Donald Trump stia bluffando e, nonostante tutte le preparazioni, alla fine decida di non precipitare la regione nel caos ma le ribellioni che stanno verificandosi sia negli USA che in Israele sembrano indicare che dentro le strutture dei due paesi si ritenga che la minaccia sia più che reale.

Nelle ultime 24 ore sia Canale 12 che 13 hanno riportato per esempio le dichiarazioni anonime di rappresentanti del governo israeliano che definiscono la guerra con l’Iran “ormai inevitabile”.

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