Tra gli errori che i commentatori occidentali hanno sempre attribuito ai russi c’è sempre stato quello di avere dichiarato apertamente che la loro operazione sarebbe stata limitata al Donbass. Molti analisti occidentali avevano criticato questa scelta affermando che dichiarare un limite territoriale per le loro operazioni avrebbe portato molto ucraini a non schierarsi con i russi anche avrebbero voluto farlo.
Ragionavano infatti che pochi ucraini avrebbero rischiato di passare dalla parte dei russi nelle aree esterne al Donbass con la possibilità poi di ritrovarsi la Russia che abbandona a fine guerra quei territori che non le interessano e quindi con il rischio che il governo ucraino riprendesse il controllo di quelle zone e si vendicasse contro chi aveva collaborato con Mosca. Per molti i russi avrebbero raggiunto prima i loro obbiettivi se avessero fatto una proposta a tutti gli ucraini, assicurando loro che avrebbe ottenuto il controllo di tutto il paese. Il regime nazi-fascista di Kiev sarebbe caduto di molto più velocemente se si fossero ribellati anche gli ucraini a Nord e ad Ovest.
Sembra che la Russia abbia deciso di riparare anche a questo errore e nelle ultime settimane ha preparato il terreno per la rimozione del regime nazi-fascista di Kiev. Prima ha esteso l’offerta di passaporti russi a tutti gli ucraini e non solo a coloro che vivono nel Donbass o nelle altre aree contese. Con questa mossa Mosca rende chiaro che intende parlare anche al Nord ed all’Ovest, tanto che il governo Zelensky ha subito risposto che è allo studio una legge per criminalizzare qualunque cittadino ucraino che richiedesse un passaporto ucraino.
Le parole di Lavrov poi sgomberano il panorama da qualsiasi dubbio: la Russia da oggi perseguirà la rimozione del regime di Kiev e lo ha annunciato a tutti gli ucraini.
Nel frattempo il Baltico continua a sgretolarsi sotto i colpi sia della crisi economica che le sanzioni occidentali hanno causato, sia per le azioni dei governi baltici che continuano ad assecondare gli Occidentali inventando una misura suicida dopo l’altra.
La situazione più critica è in Moldavia dove il governo ha annunciato un aumento del 60% del costo dell’energia e del gas, scatenando non solo una marea di proteste interne ma anche la risposta di due territori contesi.
Ha iniziato la Transnistria, il cui leader ha confermato l’intenzione di richiedere l’inclusione nella Federazione Russa, una mossa che già era stata annunciata mesi fa ma che ora è ufficiale perché annunciata da Ignatiev ed ha provocato la risposta del governo moldavo che ha chiesto a Mosca di ritirare immediatamente tutti i soldati dalla Transnistria che dovrebbe poi essere rioccupata da Chișinău.
A seguire si è ribellata anche la Gagauzia, un’altra regione nella quale erano state issate bandiere russe qualche giorno fa. I residenti della Gagauzia, altra entità territoriale autonoma all’interno della Moldavia, hanno dato 10gg al governo moldavo per recarsi a Mosca e rinegoziare gli accordi sul gas. Qualora il governo moldavo non accettasse, sono pronti prima a bloccare i lavori del Parlamento e poi a chiedere anche loro l’inclusione nella Federazione Russa.
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