L’ordine impartito ai media occidentali è oggi quello di minimizzare. L’attacco iraniano ad Israele era solo simbolico, giusto qualche petardo che Tel Aviv ha così brillantemente respinto che non vale nemmeno la pena rispondere tanto è stato insignificante. Minimizzare perché non c’è alternativa, inclusa la risposta di Israele all’Iran che pure il governo israeliano aveva messo in conto e considerato, tanto che faceva parte della sua strategia di allargamento del conflitto.
Già dopo poche decine di minuti dall’inizio dell’attacco iraniano ieri notte i militari israeliani avevano capito che c’era qualcosa che non andava. Lo sciame di droni che volava verso Tel Aviv era enorme, l’attacco – per bocca della radio militare israeliana – era più grande di quanto gli israeliani avessero preventivato. Era tutto ben organizzato dato che i droni, probabilmente diverse centinaia anche se c’è chi dice fino a 500, avrebbero dovuto tenere impegnate le difese aree israeliane ed aprire la pista ai missili balistici che sarebbero quindi passati come un coltello nel burro. E così in effetti è stato.
Gli Stati Uniti, che stanno cercando di attaccare l’Iran sin dal 2000 con una scusa o un’altra, avrebbero gradito un limitato conflitto tra Israele e Teheran ma si sono dovuti velocemente arrendere all’idea che Tel Aviv avrebbe disastrosamente perso visto quello che stava succedendo. La foto del passaggio dei missili iraniani sulla Knesset, il Parlamento israeliano, rimarrà nella Storia come una delle immagini del nostro tempo e spiega in maniera plastica il disastro israeliano.
Minimizzare, è quindi l’ordine. Minimizzare a tutti i costi ma tutti hanno capito che il successo dell’attacco iraniano contro Israele, la prima volta questo avviene, cambia completamente le geometrie del Medio Oriente e prepara lo smottamento del centro del mondo da Ovest ad Est.
Non è solo il risultato ad essere importante, anche se conta, ma soprattutto il contesto in cui tutto questo avviene. Il risultato è che l’Iran ha dimostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, che la NATO è solo una tigre di carta. Dopo aver perso in Ucraina e poi a Gaza, Israele si è dimostrata un bersaglio addirittura facile per un attore più importante come l’Iran che avrebbe persino bombardare il Parlamento israeliano se avesse davvero voluto e che ha deciso, lui stesso, di non umiliare troppo Tel Aviv per non costringerla ad una guerra aperta che non serve al cosiddetto Asse della Resistenza. I missili iraniani che cadevano nemmeno su obbiettivi civili, notoriamente meno protetti, ma sulle iper-protette basi militari israeliane sono stati visti in tutto il mondo e soprattutto in tutto il mondo arabo ed hanno confermato che l’Iran è ormai una forza più che regionale, capace di tenere testa – come sta facendo la Russia in Ucraina – al meglio (o peggio, fate voi) dei paesi occidentali e della NATO.
Stiamo parlando di un paese, soggetto a sanzioni da anni che lo privano persino delle medicine e che durante il periodo covid19 non ha potuto ricevere nemmeno i ventilatori polmonari, che ha costruito un parco tecnologico all’avanguardia, capace di superare il meglio che l’Occidente ha da offrire. Quello che deve essere ricordato dell’attacco iraniano è in primis che gli iraniani hanno usato solo tecnologie sviluppate autonomamente, senza dipendere da nessun aiuto straniero né persino da nessuna tecnologia straniera. Per attaccare Israele l’Iran non ha dovuto solo superare le difese israeliane ma, prima di queste ultime, ha superato senza problemi quelle di tutto l’ombrello NATO messo a difesa di Tel Aviv e cioè i sistemi di difesa di Giordania, Arabia Saudita, Francia, Stati Uniti e Regno Unito, tutti a vario titolo coinvolti nella difesa del territorio di Tel Aviv.
L’Iran ha superato questo scudo aperto steso dai più avanzati paesi occidentali e poi ha superato anche le difese israeliane e lo ha fatto senza usare nemmeno le sue migliori tecnologie. Non sono infatti stati usati i missili a più alto potenziale né quelli ipersonici ma non è stato usato nemmeno l’arsenale dell’Esercito iraniano perché l’attacco è stato condotto dall’IRGC, le Guardie della Rivoluzione Islamica che hanno un loro arsenale diverso da quello dell’esercito.
Non solo l’Iran non ha usato i suoi missili più recenti ma ne ha usati di così vecchi che qualche tempo fa, secondo informazioni di intelligence, i russi avevano rifiutato di comprarli giudicandoli troppo poco precisi. Il livello tecnologico iraniano si è dimostrato così elevato che qualsiasi tentativo di danneggiare il funzionamento di queste armi non ha funzionato e a volte si è dimostrato anche comico. Israele, per esempio, ha effettuato un jamming (disturbo) così forte del segnale GPS che a molti israeliani veniva data come loro posizione l’Egitto, sperando di impedire ai missili iraniani di raggiungere il loro bersaglio ma esponendosi persino allo scherno dei generali di Teheran che hanno ricordato che da almeno 12 anni il loro paese non usa più il segnale GPS come posizionamento per le proprie armi. Oltre ad usare un sistema interno, gli iraniani usano da anni anche il Baidou cinese ed il GLONASS russo che, tra l’altro, è notevolmente più preciso del GPS.
Quella iraniana è quindi innanzitutto una vittoria tecnologica: un paese sotto sanzioni da decenni che sviluppa tecnologia alla pari se non superiori a quelle occidentali. Si veda a questo proposito la produzione di missili ipersonici, una tecnologia che nessun paese occidentale ha.
Ma è una vittoria anche economica se si considera che Israele ha bruciato in poche ore circa 1,35 miliardi di armamenti, praticamente il 67% del suo budget mensile destinato alla difesa. E l’Iran? Il costo complessivo dell’attacco è stato di circa 35 milioni (milioni, non miliardi!) di dollari, circa il 2,60% di quanto speso da Israele per fronteggiarlo senza successo. Questo vuol dire che in una guerra diretta Israele durerebbe solo poche ore o al massimo qualche giorno, poi soccomberebbe innanzitutto per mancanza di soldi e potenziale per sostituire gli armamenti persi. Esattamente quello che sta succedendo in Ucraina.
L’emersione dell’Iran come forza non solo regionale fa parte dello smottamento da Ovest ad Est del centro di gravità economico del mondo. Questo trasferimento della ricchezza e dell’innovazione tecnologica, e quindi della forza economica, non può che essere accompagnato dalla crescita della forza militare con cui l’Est dovrà difendere la sua crescita economica dai lupi della NATO armata dalla borghesia occidentale. Lo vediamo già in Ucraina, lo abbiamo visto a Gaza – dove la NATO ha tentato di ricostruire il suo prestigio attraverso la ferocia solo per subire un’altra pesante sconfitta – e lo abbiamo visto nella risposta iraniana ad Israele ed alla NATO tutta.
La borghesia occidentale non fa mistero di essere pronta alla guerra per difendere la sua supremazia. Lo ha annunciato già da tempo e gli avversari di basso profilo sono finiti. Bei tempi quando potevi attaccare l’Iraq o la Yugoslavia, piegate dalle sanzioni. I tuoi avversari ora sono Russia, Cina e paesi come l’Iran, tecnologicamente avanzati nonostante le sanzioni e il tuo tentativo di impedire la loro crescita economica.
Gli Stati Uniti non avrebbero disdegnato una piccola guerra con l’Iran, nella quale pensano di vincere facilmente in qualche giorno o settimana e convincere Teheran a cambiare orientamento. Del resto, sono stati più di una volta vicini ad avviarla loro stessi negli ultimi 25 anni. Non vorrebbero che fosse Israele a combattere questa guerra, per non farla indebolire, ma si adeguerebbero anche perché in questo momento l’obbiettivo è portare in guerra i merli dei paesi europei e questo richiede qualche evento regionale importante.
Tuttavia, ogni volta che provano ad avviare una guerra o una azione militare, finisco per tornare a casa con la coda tra le gambe, dall’Ucraina a Gaza, dallo Yemen all’attacco contro Israele. La risposta iraniana è stata ben calibrata, sufficiente per annichilire Israele e dimostrare che era meglio non farsi illusioni ma non troppo umiliante. Gli Stati Uniti avevano chiesto garanzie su questo ma in realtà speravano che Netanyhau avrebbe reagito d’impulso e avviato un conflitto più vasto, cosa che del resto il premier israeliano voleva per coinvolgere anche altri paesi.
L’attacco iraniano però è stato decisivo: cosa potrebbero fare gli USA più di quanto abbiano già fatto? Avviare un altro conflitto per perdere continua a non essere una buona idea, oggi come ieri. Se Israele non è in grado di difendere le sue basi militari con la migliore tecnologia occidentale, cosa dovrebbe fare di più la NATO?
La risposta iraniana cambia quindi le geometrie del Medio Oriente e del mondo intero. La NATO, che necessita disperatamente di una o più guerre per fermare l’emersione economica dei suoi rivali, sa di non poter vincere – né facilmente né con difficoltà – in nessuno scenario.
La sua crisi è irreversibile eppure non può accettare che il centro economico del mondo di sposti e non conosce altri mezzi per fermare questo processo se non imporre la sua volontà con la forza.
Pur sapendo di perderle, ormai, le sue guerre sono solo all’inizio.
Lo spettacolo terrificante dei missili iraniani che colpiscono le basi israeliane (alcuni degli impatti compaiono di seguito) è per loro estraniante. Il 99% dei missili sono stati intercettati deve essere il mantra, perché i ragazzi occidentali non devono avere paura di andare in guerra.
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