La Russia ospita Assad perché la battaglia per la Siria non è finita

La Russia ospita Assad perché la battaglia per la Siria non è finita

Ufficialmente Bashar al-Assad tornerà a fare l’oftalmologo a Mosca, entrando o aprendo una clinica. Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi avremo molte più informazioni su quello che è successo e il chiacchiericcio di propaganda che sentiamo oggi dai pupazzi della NATO non conta.

Se alcune cose sono diventate più chiare nei giorni successivi alla resa della Siria ai jihadisti della NATO, già oggi si capisce perché nelle capitali occidentali si stia correndo una lotta contro il tempo per normalizzare la situazione mentre Israele, sempre su mandato NATO, cerca di distruggere quanto più possibile rimanga della Siria pre-ISIS (non solo mezzi, anche donne e uomini) per assicurarsi che non ci possano essere svolte inaspettate.

Sappiamo già che la NATO avrebbe voluto che Assad rimanesse. La proposta era guidare una transizione filo-occidentale per qualche mese e, chissà, poi rimanere a fare il “dittatore” della NATO. Ne capiamo il motivo già oggi e capiamo anche perché Assad si sia rifiutato e la Russia si sia assicurata che nulla gli accadesse e lo portasse a Mosca, dove il Mossad non può raggiungerlo. Dopo essersi rifiutato, più volte, di diventare un pupazzo occidentale Bashar al-Assad rimane l’espressione di una Siria laica, anti-sionista e pan-araba.

L’esercito siriano avrebbe potuto facilmente sconfiggere i jihadisti. Sappiamo dalle dichiarazioni dei russi e degli iraniani che Damasco era stata avvertita in tempo dei movimenti dei tagliagole della NATO e che Assad aveva ritenuto non grave il pericolo. Ufficiali iraniani hanno confermato la disponibilità sia loro che dei russi di inviare rinforzi sul campo ma che il governo siriano abbia rifiutato di accettarli. E’ noto ormai come gli iraniani, preoccupati da questi movimenti, abbiano chiesto ufficialmente alla Turchia se stesse preparando qualcosa ottenendo un diniego come risposta. Erdogan ha quindi ingannato Iran e Russia ma questo non bastava ad ottenere la Siria.

Sappiamo come gli Stati Uniti e Israele, come parte dell’accordo per il cessate-il-fuoco con il Libano, avessero confermato alla Siria che non avrebbero iniziato alcuna operazione sul suo territorio, cosa che ovviamente è risultata falsa. Ma anche questo non bastava a vincere. In realtà la marmaglia NATO non aveva possibilità di vincere la guerra contro l’esercito siriano. I jihadisti potevano contare al massimo su 50mila uomini, davvero raschiando il fondo del barile, l’esercito siriano superava i 200mila effettivi e sarebbe potuto arrivare vicino ai 300mila. Meglio armati, forse, i jihadisti ma senza aviazione.

Insomma la Siria non è stata sconfitta militarmente. Assad sarà stato certamente sorpreso dagli accordi che i suoi generali avevano evidentemente con la NATO ma ancora questo non bastava per far crollare le difese. E’ evidente che il presidente siriano ad un certo punto abbia pensato che non voleva vincere con un’altra guerra civile, forse persino che un’altra guerra civile avrebbe comunque lasciato la Siria troppo debole, una Siria già provata dalle sanzioni.

Anche se una parte del suo esercito aveva deciso di non combattere – e sappiamo che questa parte non era grandissima – Damasco avrebbe potuto dichiarare la mobilitazione generale e coinvolgere la popolazione, anche armandola. I siriani comuni già difendevano Homs, avevano aiutato l’esercito siriano a riprendere Hama dove l’HTS aveva chiesto disperatamente che Internet fosse bloccata perché la popolazione segnalava le sue posizioni all’esercito siriano; era stata sorpresa ad Aleppo ma anche lì collaborava per fermare i jihadisti.

Sappiamo oggi che nessuna di queste città sarebbe stata presa se l’esercito siriano avesse davvero combattuto e che se in un primo momento la ritirata era davvero stata strategica per non combattere tra la popolazione civile, ad un certo punto è diventata invece una resa immotivata. Assad non ha voluto vincere la guerra con una nuova guerra civile o iniziare operazioni che sarebbero dovute durare mesi indebolendo ancora di più la Siria? Oppure si aspettava di più dalla popolazione civile?

Lo sapremo quando parlerà. Intanto non lo fa e se nei primi giorni c’era entusiasmo tra la truppaglia NATO e sui media occidentali, lentamente le cose stanno cambiando. Iran e Russia si sono assicurate che la NATO non potesse smembrare la Siria per un motivo preciso e cioè che la Siria, come entità unita, esiste davvero. Sapevano a Teheran e Mosca che uno conto era avanzare quando nessuno si difendeva, altro era imporre l’ISIS ai siriani. L’equilibrio raggiunto è fragile con la NATO che in un primo momento voleva creare una entità di propaganda e aveva fatto persino dire ad al-Joulani che la forza della Siria stava nella diversità, che tutti sarebbero stati rappresentati e tante altre sciocchezze.

Lentamente questo progetto si sta dimostrando difficile. Controllare la Siria si sta dimostrando difficile per i non-siriani e l’accettazione dello stato dell’ISIS non sta procedendo come si sperava. C’è il problema dei curdi, che la Turchia vuole risolvere certo non con uno stato curdo né una regione autonoma curda ai suoi confini e che erano tollerati dai siriani perché lo chiedeva il governo. Caduto quello, sia i jiahdisti tagliagole filo-turchi sia i siriani comuni non accettano una regione curda e stanno aiutandosi nel ridimensionarla. I curdi hanno già perso Manbij, sono stati cacciati da Deir Ezzor e Kobane è nuovamente sotto attacco. Erdogan vuole risolvere il problema e gli Stati Uniti li hanno di nuovo traditi, esattamente il motivo per cui le comunità locali di Deir Ezzor non volevano avere a che fare con loro. Avrebbero potuto avere vasta autonomia nello stato siriano, oggi sugli uffici delle istituzioni curde di Raqqa, da dove potrebbero essere allontanati, sventola la bandiera del jihadismo siriano e loro “accettano di riconoscere il nuovo stato siriano” in cui non hanno alcuno status particolare.

Dopo qualche giorno di smarrimento, la popolazione siriana sta lentamente realizzando quale sia la situazione. L’HTS, che aveva promesso libertà e diversità, inizia a cambiare idea perché la popolazione non l’accetta. La Sharia più dura, quella jihadista, diventerà presto legge e i siriani che sono stati laici per 60 anni, non sembrano accettarlo facilmente.

Proteste sono scoppiate nella piazza principale di Damasco, Piazza Umayyad, contro il leader dell’HTS al-Joulani, chiamato “maiale” ed invitato ad andare via (video di seguito):

Le donne siriane iniziano a denunciare le minacce dei jihadisti che le vedono troppo libere e le minoranze siriane, a partire dai cristiani (a cui è stato “consigliato” di non fare parate per Natale e non festeggiare San Nicola quest’anno), iniziano a temere una dura repressione dopo che negli ultimi giorni gli attacchi si sono fatti più insistenti.

Nel frattempo nella zona di Latakia, prettamente alawita, si stanno raggruppando i soldati dell’ex-esercito siriano che stanno ricostituendo gruppi di resistenza e si dichiarano pronti a continuare la guerra contro i jihadisti nonostante il tradimento degli alti comandi dell’esercito (video di seguito):

La Russia ha mantenuto le sue basi proprio nella zona di Lakatia e ne ha alcune altre nel territorio curdo. Il canale terrestre verso Hezbollah in Libano è chiuso per adesso ma rimane facilmente aperto quello che porta prima alle basi russe via mare e poi da lì in Libano.

Nella giornata di ieri l’ayatollah Khamenei ha pubblicato un messaggio molto esplicito, anche in ebraico:

Il messaggio precedente è molto esplicito: “La gioventù siriana libererà i territori occupati dall’entità sionista”. Poco dopo un altro messaggio che spiega ancora meglio cosa debba succedere (di seguito):

“Non è né logico né accettabile per l’opinione pubblica che l’esercito iraniano vada a combattere al posto dell’esercito siriano. No, è dovere dell’esercito di quel paese combattere. Quello che le nostre forze potrebbero fare e hanno fatto era fornire consigli e supporto”

L’Iran preannuncia che i siriani, ripresisi dallo shock, non accetteranno il dominio dell’ISIS sul loro paese. E a questo proposito arriva anche un’altra notizia molto interessante: Bashar al-Assad aprirà presto un podcast.

E’ molto inusuale per un “dittatore”, come lo considerano gli occidentali, lanciare un podcast invece che sparire con i miliardi che avrebbe sottratto allo stato siriano.

Ma c’è un motivo se la NATO voleva che Assad rimanesse e quel motivo è che l’uomo è molto popolare non solo in Siria ma anche nell’intero mondo arabo dove diverse volte è risultato il leader più popolare di tutti. Lui non ha accettato ed è ora anche abbastanza più chiaro perché non abbia tentato di rimanere in sella a tutti i costi, magari dichiarando la mobilitazione generale o pretendendo che i suoi soldati si ribellassero ai loro superiori e si uccidessero fra di loro prima o ancora lanciando – come gli chiedeva qualcuno – un attacco verso Israele.

E’ uscito da un paese laico dove ora regna il caos e il settarismo e dove l’ISIS imporrà la sua legge, è andato non a Teheran ma a Mosca, simbolo attualmente della lotta contro l’imperialismo, dove torna a fare l’oftalmologo, potendo dire di non avere scatenato nessuna guerra fratricida tra siriani per rimanere al comando. L’Iran incita i siriani a riprendersi il paese, i russi – paese in cui è Assad – mantengono le basi in Siria. E lui apre un podcast nello stesso modo in cui Khamenei pubblica su Twitter/X.

Dire che pensa di ritornare in Siria come l’unico che la possa governare è dire poco.

Impossibile? La battaglia per Damasco probabilmente non è finita.

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