La Resistenza siriana ha fatto quello che doveva, venendo allo scoperto. Il blitzkrieg occidentale è fallito

La Resistenza siriana ha fatto quello che doveva, venendo allo scoperto. Il blitzkrieg occidentale è fallito

Se di Siria si parla poco ultimamente è perché le cose lì non vanno bene per gli occidentali tanto che ieri il Dipartimento di Stato USA ha avvertito gli statunitensi presenti nel paese che devono lasciare immediatamente la Siria.

La Resistenza ha fatto qualche settimana fa quello che doveva, venendo allo scoperto e dichiarando apertamente che l’obbiettivo è il rovesciamento del regime jihadista filo-occidentale. E’ stato un passaggio importante con il quale si è annunciata, soprattutto alla popolazione, l’esistenza di una Resistenza organizzata e che si richiama alla precedente storia siriana, 70 anni di coesistenza tra etnie e religioni diverse. Le azioni che ne sono seguite hanno confermato le parole dei leader della Resistenza, con operazioni mirate e in varie parti del paese, anche questo un segnale che la Resistenza siriana non è confinata sulla costa, nei territori degli alawiti.

L’emersione di una Resistenza organizzata ha costretto gli occidentali a modificare i loro piani, che prevedevano una veloce integrazione del paese sotto il controllo dei jihadisti di HTS, decisi ad instaurare un regime jihadista con il benestare dell’Occidente. E’ diventato subito chiaro che HTS non era in grado di controllare il paese nonostante il suo regime gestito con le armi, che gli alawiti non erano soli nell’opposizione al regime (e comunque erano molto meglio organizzati di quanto si prevedesse) e che l’idea di una rapida unificazione del paese sotto il controllo jihadista non poteva funzionare.

Il rifiuto di HTS di cedere parti del suo potere è stato accolto con il rifiuto da parte occidentale di rimuovere le sanzioni, cosa fondamentale per consentire ai nuoi padroni della Siria di accreditarsi presso la popolazione e per iniziare i loro affari. HTS è stata costretta in fretta e furia a cambiare modus operandi e aprire ad una cogestione del paese, prima sancendo un accordo con i curdi e poi creando un governo di transizione che non fosse completamente espressione dei jihadisti per dare l’impressione di una apertura agli altri.

Come si vede dall’immagine, il nuovo governo di transizione siriano include 11 componenti non espressione di HTS e comprende figure curde, cristiane, alawite e druse. C’è anche il tentativo di aprire alle comunità LGBT dato che la Ministra cristiana è nota per le sue posizioni in materia. Insomma, la scossa imposta dalla Resistenza siriana è stata forte ed ha generato negli occidentali e negli altri attori della regione l’impressione che la storia della Siria non sia finita.

Per esempio, il piano di HTS di disarmare tutti i gruppi etnici per rimanere unica autorità del paese è fallito, con le diverse fazioni – anche quelle alleate – che hanno rifiutato di disarmarsi e anzi hanno incrementato il loro livello di preparazione militare. Non è ancora chiaro all’Occidente se una entità unica riuscirà a controllare la Siria per cui il partizionamento del paese rimane sull’agenda come piano B per impedire il ritorno dell’unica forza che era riuscita a riunire le diverse anime siriane in uno stato unitario.

Il tradimento curdo non cambia la situazione

In fretta e furia gli Stati Uniti hanno obbligato i curdi a firmare accordi con HTS dopo che il loro gruppo aveva partecipato attivamente alla preparazione dell’insurrezione contro HTS. Non è una novità. I curdi per anni hanno giocato questo ruolo, oscillando tra il supporto ai jihadisti e il riavvicinamento al governo siriano in base alle loro convenienze del momento. Nessuno pensava che i curdi rimanessero fedeli alla Resistenza, si pensava solo che in quel momento convenisse loro.

Il loro tradimento, che tra l’altro durerà solo fino alla prossima giravolta, non cambia la situazione. La pressione sulle figure curde è diventata insostenibile per loro proprio dopo l’emersione della Resistenza organizzata e soprattutto quando l’amministrazione USA ha fatto marcia indietro sul disimpegno in Siria, marcia indietro che va inserita in quella più generale della guerra contro l’Iran. Fino a Febbraio questa guerra non era all’orizzonte per gli Stati Uniti e l’amministrazione Trump aveva segnalato un disimpegno dal Medio Oriente. Nelle ultime settimane, come discusso in altri post, l’amministrazione USA è tornata sui suoi passi anche a causa delle porte in faccia prese da quasi tutti gli attori del Medio Oriente. Israele, che secondo i piani doveva diventare secondaria grazie agli accordi con i paesi arabi e musulmani, è tornata centrale e persino decisiva per il controllo della regione e quindi la Resistenza siriana è diventata una forza che va assolutamente sconfitta.

I curdi continueranno ad oscillare: sono passati nuovamente dalla parte di HTS ma nemmeno un giorno dopo avere firmato gli accordi hanno rifiutato la gran parte dei provvedimenti di HTS, incluso il disarmo e la proposta della nuova costituzione islamista, segnalando una forte instabilità dell’accordo.

Il governo di transizione imposto ad HTS è un segnale forte: la milizia jihadista ed i loro amici turchi hanno provato nelle settimane successive a sconfiggere militarmente la Resistenza siriana e non ci sono riuscite. Da qui, la necessità di aprire il governo a figure diverse per vincerne il supporto e, soprattutto, impedire che il supporto popolare verso la Resistenza diventasse troppo esteso. Il primo tentativo di piegarla militarmente è quindi fallito.

Le prospettive di farlo da adesso in poi non sono rosee tanto che la partizione della Siria rimane assolutamente il piano B. La Turchia ha ripreso a spostare mezzi militari in Siria per assicurarsi di poter controllare alcune aree in caso di escalation e per fornire ad HTS altri aiuti militari ma lo spostamento della Turchia all’interno della Siria non piace ad Israele che, inoltre, teme che in caso di guerra contro l’Iran la Resistenza siriana possa prendere il controllo del paese e usare la sua – seppur esigua – forza militare contro Tel Aviv. Questo il motivo per cui Israele continua a distruggere la forza militare siriana nonostante, in teoria, il regime jihadista sia più che fedele.

Il ruolo della Russia

Era già chiaro a tutti che molto dipende dal ruolo della Russia nel paese. Una parte dell’Occidente e anche HTS hanno cercato di coinvolgere la Russia nel governo della nuova Siria promettendole in realtà ciò che non le poteva essere tolto e cioè di mantenere le sue basi nel paese. Se l’Unione Europea ha chiesto alla Siria di togliere le basi alla Russia, pena la mancata cancellazione delle sanzioni, gli Stati Uniti nell’ottica del disgelo in Ucraina hanno preferito rimanere più in disparte, specialmente quando pensavano di ritirarsi dalla Siria, posizione non più attuale ora.

HTS ha provato a portare la Russia dalla sua parte ma Mosca, che ha anche alleanze strategiche con l’Iran, non solo ospita Assad ma ha rifiutato di dare un supporto diretto al regime jihadista, pur non osteggiandolo apertamente. E’ chiaro che Russia e Iran non hanno gradito il tradimento turco e attendono solo il momento giusto per rendere, sia ad Erdogan che ad Israele, pan per focaccia.

E’ ovvio che con una base nel paese la Russia è nella posizione di dispiegare sue forze e consentire all’Iran di dispiegare le proprie senza che praticamente nessuno possa impedirlo. Era quello che volevano sia Mosca che Teheran alla luce del colpo di stato siriano e questo hanno ottenuto. La posizione russa è diventata molto più chiara quando la base di Khmeimim, nella regione di Latakia, ha iniziato ad ospitare e proteggere gli alawiti dalla furia jihadista di HTS, come si vede nel video che segue:

Si stima, come si vede nelle foto satellitari di seguito, che a Khmeimim siano stati ospitati fino a 8mila alawiti.

I russi hanno anche impedito le persecuzioni contro gli alawiti della costa facendo alzare in volo i loro elicotteri per bloccare gli aerei siriani di HTS ed impedire i bombardamenti e di recente, come si vede nell’immagine di seguito, hanno iniziato a dispiegare nuovamente le loro forze nell’area di Latakia per la prima volta dal colpo di stato anti-Assad, prendendo il controllo di al-Qubaisiya, Bakhdarmo, e Khirbet al-Ashar per proteggere meglio la comunità alawita (foto di seguito).

Molti analisti pensano che Mosca stia attendendo la definizione della guerra in Ucraina per concentrarsi poi insieme con l’Iran sulla Siria, una visione condivisa dagli analisti israeliani che temono il supporto russo sia alla Siria (come vendetta per le attività israeliane nel paese) e ovviamente all’Iran in caso di guerra. Non è un mistero che parte dell’accordo sull’Ucraina voluto da Trump debba includere la fine del supporto all’Iran ma la risposta russa a questa richiesta è la prossima firma di un accordo strategico di cooperazione militare con Teheran.

L’idea di riuscire a trovare un accordo con Mosca è ormai considerata impossibile da tutti, inclusa HTS che ha capito che la Russia non ospita Assad per caso ed ha iniziato a prendere posizioni anti-russe. Ha ovviamente chiesto ufficialmente a Mosca di consegnare Assad, la cui figura rimane un pericolo costante che sia fa sempre più grande alla luce delle operazioni della Resistenza siriana, ma di recente ha fatto un’altra mossa molto chiara consegnando all’Ucraina decine di missili ex-sovietici dell’arsenale siriano, come si vede dalla foto che segue:

La consegna, importante perché essendo armi ex-sovietiche sono ben conosciute dagli ucraini, marca la prima attività anti-russa esplicita della Siria jihadista e, non sorprendentemente, l’operazione è stata conclusa grazie al supporto della Turchia. Il regime jihadista avvia quindi uno scontro frontale con Mosca con i soliti alleati: Israele – che casualmente non ha attaccato questa spedizione – e la Turchia già autrice del tradimento del colpo di stato.

La figura di Assad rimane centrale

Anche se gli analisti occidentali riempiono i media con affermazioni contrarie, l’era Assad in Siria non è assolutamente passata e la sua figura rimane centrale. Mosca e Teheran sanno che Bashar al-Assad è l’unica persona in grado di mantenere unita la Siria, del resto il fratello Maher è il capo della Resistenza che vanta decine di comandanti dell’ex-esercito siriano.

Se gli occidentali hanno inondato nelle prime settimane dal colpo di stato i media di storielle anti-Assad, la realtà che emerge anche dal racconto dei suoi ex-alleati è che il Presidente siriano siederebbe ancora a Damasco se avesse accettato le offerte occidentali, che indirettamente confermano come anche questi ultimi lo considerino l’unico in grado di governare la Siria.

L’ultima conferma arriva dal Ministro siriano Wiam Wahhab che ha confermato di avere preparato per 7 mesi prima del colpo di stato una offerta per Bashar al-Assad: la cessione definitiva del Golan ad Israele in cambio del ritiro completo dell’occupazione statunitense e turca dal paese. Inutile dire che, anche questa volta, Assad ha rifiutato una offerta che gli avrebbe consentito di rimanere al potere per decenni dando semplicemente ai crociati quello che volevano.

Mentre sulla stampa occidentale si cerca in tutti i modi di screditarlo, Bashar al-Assad rimane una figura importante non solo per la Siria ma per tutto il Medio-Oriente, emergendo come un leader fieramente anti-occidentale ed anti-israeliano che ha preferito essere allontanato dal potere piuttosto che cedere ad esempio i territori siriani. Rimane quindi una figura di riferimento e la sua stessa esistenza è una minaccia per la Siria jihadista e filo-occidentale e per collaborazionisti come Erdogan o molti altri leader arabi che hanno mostrato invece sottomissione e compiacenza.

L’incrocio con la guerra all’Iran

Se le attività della Resistenza siriana erano principalmente collegate alla situazione nel paese ed in Libano, il cambio di prospettiva dell’amministrazione statunitense costringe ad inquadrarle in modo più ampio. L’obbiettivo è sempre quello di rovesciare il regime jihadista ma a questo punto la Resistenza siriana assume un ruolo decisivo alla luce della sempre più probabile guerra di Stati Uniti ed Israele contro Teheran. Già da Febbrario la Resistenza siriana ha lanciato attacchi sporadici contro gli israeliani che stanno invadendo il paese ma in caso di guerra il suo compito sarà sicuramente quello di rovesciare velocemente il regime jihadista e prendere il controllo dell’apparato militare siriano per attaccare Israele.

La distruzione degli armamenti è meno significativa di quanto si pensi, se è vero che nuovi e più moderni armamenti (come quelli che si vedono in Yemen) possono arrivare facilmente attraverso la base russa nel paese e in questo senso l’aiuto militare di Israele e Damasco all’Ucraina costituisce un precedente che Mosca può usare per giustificare il suo coinvolgimento esterno. Non è quindi un caso che la Resistenza sia cercando di salvaguardare gli uomini, come i piloti, più che i mezzi.

Nel frattempo il suo compito principale è organizzare la popolazione, il cui supporto sarà decisivo per riprendersi il paese.

Non è un caso che a HTS sia stato imposto quindi di far cessare per quanto possibile le persecuzioni e creare un governo che più di transizione sembra di inclusione nazionale. Che non sembra però bastare.

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