Qualche giorno fa si diceva che solo la corruzione di alcune figure importanti dell’esercito siriano aveva consentito alla marmaglia jihadista della NATO di conquistare la Siria anche grazie al fatto che l’amministrazione siriana, e il presidente al-Assad, non avevano voluto scatenare una guerra civile in una popolazione evidentemente non pronta.
L’esultanza della NATO e dei suoi mercenari è però durata pochi giorni, il tempo necessario perché la popolazione si rendesse conto di cosa stesse accadendo. I mercenari della NATO hanno impiegato pochi giorni a rilevare il loro vero volto, attaccando praticamente tutte le altre entità politiche e tradendo la promessa di creare un nuovo sistema politico rappresentativo di tutte le componenti etniche della Siria. Quando sono iniziate le proteste, rendendosi conto che non la Siria sarebbe stata difficile da controllare così, i jihadisti hanno provato a spaventare le altre etnie scatenando una guerra sotterranea fatta di attacchi, esecuzioni sommarie, rapimenti e terrore. Per farlo hanno dovuto usare tutta la marmaglia che la NATO aveva dovuto raccogliere in giro per il mondo: turchi, uzbeki, uiguri, turkmeni e molti altri stranieri che l’Occidente aveva portato in Siria grazie a stipendi molto generosi.
Questo però ha ancora di più confermato ai siriani che il loro paese non era stato liberato ma occupato militarmente da potenze straniere e a questo proposito va ricordato come nei giorni caldi dell’avanzata jihadista iraniani e russi abbiano evitato di portare nel paese centinaia di migliaia di loro uomini e di occuparlo militarmente esattamente per questo motivo.
Proteste sono iniziate un po’ in tutto il paese anche se i media occidentali riportano solo quelle delle aree di Latakia e Tartous, dove nuovamente almeno 13 jihadisti sono stati uccisi in una azione ben preparata da componenti dell’ex-esercito siriano. Gli stessi che spesso si erano presentati ai “centri di riconciliazione” istituiti da HTS per ricevere l’amnistia, solo per scoprire che spesso questi centri erano trappole per arrestarli quando non direttamente ucciderli.
La Resistenza siriana si sta costruendo attorno a due basi fondamentali:
- il desiderio dei siriani di non vivere in un paese le cui istituzioni abbiano impostazione religiosa dopo decenni di secolarismo;
- la lotta contro Israele che ora i siriani vedono scorrazzare impunita sul proprio territorio.
Proteste sono scoppiate da due giorni praticamente in tutto il paese: Latakia, Homs, Hama, Damasco, Tartous. I media occidentali cercano di limitare i danni affermando che si tratta di sacche del vecchio governo ma questo è falso. Insieme con gli alawiti hanno iniziato a protestare anche i cristiani e dall’altra parte del paese anche i curdi sono passati all’offensiva per cercare di combattere la marmaglia turca dell’SNA e di HTS dopo che il nuovo emiro jihadista siriano, al-Joulani, aveva dichiarato che dovevano essere disarmate per compiacere Erdogan e la Turchia.
Qualche giorno fa si è riportato che l’SDF curdo avrebbe avuto un ruolo importante nel trasferimento sicuro di Maher al-Assad, fratello di Bashar e generale dell’esercito siriano, in Iraq e qualche giorno prima si era detto come Erdogan, per compiacere Israele e la NATO, abbia messo a rischio il suo stesso paese.
Una nuova e potente alleanza sta emergendo per opporsi alle truppe jihadiste della NATO, composta dagli alawiti (l’etnia degli Assad), dai cristiani (perseguitati dai jihadisti) e dai curdi. Non è un caso se negli ultimi giorni anche l’Iran, per bocca dell’ayatollah Khamenei ma non solo, abbia anticipato che la Resistenza – spesso composta dai giovani – stia emergendo in Siria.
“La gioventù siriana non ha niente da perdere. Le loro università, le scuole, le case e le loro vite non sono più sicure. Cosa possono fare? Devono opporsi con ferma determinazione contro coloro che hanno orchestrato e causato questa insicurezza e, a Dio piacendo, vinceranno” ha scritto Khamenei nel tweet precedente, di fatto confermando che l’Iran è dalla parte della Resistenza siriana.
Ora qualcuno avrà più chiaro perché la Russia abbia salvato Assad e non si sia opposta militarmente all’avanzata jihadista a condizione di mantenere le sue basi nel paese che possono fungere da supporto per l’avanzata della Resistenza siriana.
Ma una potente alleanza regionale tra alawiti, cristiani e curdi ha anche un altro significato e minaccia la Turchia. Gli alawiti sono circa 10 milioni in Siria ma la loro comunità conta circa 20 milioni di componenti in Turchia, dove risiedono anche circa 20 milioni di curdi. E poi ci sono i cristiani. Una eventuale alleanza esplicita contro la Turchia, oltre che contro Israele, in Siria potrebbe finire per scatenare rivolte anche in Turchia e minacciare la stabilità del regime filo-NATO di Erdogan che reclama a gran voce la Siria che gli è stata promessa e diventa sempre più impaziente.
I prossimi giorni e le prossime settimane saranno certo carichi di sorprese. Il tempo per i jihadisti NATO sta scadendo e se non riuscissero a stabilizzare la situazione nei prossimi giorni, tutto potrebbe accadere.
Intanto l’Egitto ha chiesto al chiusura dell’ambasciata siriana nel paese, espressione del nuovo governo jihadista. Passi simili potrebbero essere fatti da altri paesi arabi che avevano creduto alle promesse della NATO sulla diversità culturale della nuova Siria e invece ora stanno vedendo come si stia preparando solo un governo jihadista.
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