Il premier ceco Petr Fiala aveva avvertito l’Europa e tutto l’Occidente qualche settimana fa che qualora la questione energetica e quella dei prezzi non fosse stata risolta la Repubblica Ceca avrebbe potuto trovarsi al culmine di una possibile rivoluzione “come quella del 1989”. Ieri in piazza Venceslao, a Praga, oltre 100mila persone sono confluite per chiedere le dimissioni del governo.
Le richieste del movimento sono semplici: neutralità della Repubblica Ceca per quello che riguarda il conflitto in Ucraina e intervento per mitigare i problemi dei prezzi dell’energia e dell’inflazione che stanno colpendo i cittadini cechi.
“Le politiche del Premier Fiala potranno essere filo-Ucraina e filo-Bruxelles ma non sono a favore dei cittadini cechi. Non fermeremo questa guerra parlando [genericamente] di pace. La fermeremo non mandando più armi e non prolungando un conflitto che non ci riguarda.”
Fiala ha cercato subito di caratterizzare la protesta come gli hanno spiegato di fare nei circoli NATO, chiamando “simpatizzanti di Putin” i manifestanti ma il suo Ministro degli Giustizia, Pavel Blazek, ha invece deciso di smarcarsi da una visione così miope e pericolosa che viene instillata dai circoli NATO per chiudere la discussione derubricando qualsiasi posizione diversa ad una influenza della Russia.
“Un anno fa solo un migliaio di persone avrebbero partecipato ad una manifestazione come quella di oggi. Non credo che i 69.000 che si sono uniti a quei 1.000 siano tutti fanatici sostenitori di Putin. Sono persone preoccupate del loro futuro. Cerchiamo di prenderle sul serio. Non vorrei che le mie previsioni fatte in Parlamento si avverassero”.
I manifestanti hanno mandato al governo quello che si può definire un vero ultimatum: dimissioni entro il 25 o nella manifestazione del 28 Settembre verranno annunciate misure “per costringere il governo con la forza. Stiamo già negoziando accordi con i sindacati, le aziende, il settore agricolo e altri settori per iniziare gli scioperi”.
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