La situazione in Israele è drammatica. Mentre Haaretz scrive che la quasi totalità dei giovani sta tentando di lasciare il paese, specialmente quelli che ora stanno espletando il servizio militare, e l’economia va a rotoli, la guerra non accenna a trovare una via d’uscita. Il governo di Tel Aviv non ha più alcun obbiettivo per la guerra che sta portando avanti. Non c’è modo di vincere la guerra e nessuna condizione che possa essere presentata come vittoria, specie dopo l’attacco dell’Iran a cui Israele non è riuscita a rispondere.
Lo scontento dei militari israeliani è palese e sta generando contrasti evidenti tra governo e l’Esercito. Da tempo quasi tutte le figure più vicine ai militari affermano che la guerra è ormai persa e va interrotta perché rischia di mettere a rischio la stessa esistenza di Israele. Tocca al veterano e rispettato corrispondente Ron Ben-Yishai sganciare una bomba sul media israeliano Ynet: in Israele si inizia a parlare di colpo di stato per fermare il governo.
Secondo Ben-Yishai i contrasti tra governo e esercito sono relativi a 5 punti fondamentali:
- l’accordo sugli ostaggi;
- il piano per il day-after, quello relativo al post-guerra;
- l’operazione a Rafah;
- la guerra al Nord;
- il budget della Difesa
L’accordo sugli ostaggi
L’esercito pensa che concludere la guerra ora e concentrarsi sulla liberazione degli ostaggi sia una buona idea a livello strategico. I militari vogliono combattere questa guerra fino alla fine ma in questo momento pensano di combattere con un mano legata dietro la schiena e più giorni passano, più ostaggi moriranno. Ritengono che la situazione sarebbe di molto migliore se Netanyahu decidesse che strada prendere.
Il piano per il dopo-guerra
I militari pensano che la mancata creazione di un sistema di governo alternativo stia portando a sprecare tutti i sacrifici fatti dai soldati. Non appena lasceranno Gaza, Hamas tornerà a controllarla. Questo è frustrante perché molti soldati sono morti per controllare le aree che verranno presto abbandonate di nuovo, tutto perché non esiste una alternativa ad Hamas. L’Esercito vorrebbe creare un governo militare o aiutare l’Autorità Palestinese a crearne uno suo o qualcosa che si avvicini ad una di queste soluzioni. Pensano che stia a Netanyahu decidere.
L’operazione a Rafah
I militari pensano che l’operazione a Rafah sia necessaria. Ritengono che l’inizio di una operazione a Rafah costringerebbe Hamas ad accettare un accordo, tuttavia sono sconcertati e sorpresi dal fatto che Netanyahu non abbia ancora dato l’ordine di entrare a Rafah dato che questo richiederà settimane. Pensano che il premier israeliano debba decidere perché senza l’ingresso a Rafah le negoziazioni sugli ostaggi non si risolveranno e che Hamas controllerà sempre i tunnel verso l’Egitto.
La guerra al Nord
L’Esercito pensa che il governo non gli dia gli strumenti per riportare la calma al Nord. Sono preoccupati che la nuova normalità sia una guerra di logoramento che non consentirà ai residenti di tornare nelle loro case. I militari pensano che Israele debba raggiungere un accordo per il cessate il fuoco con Hamas e cercare di calmare la situazione a livello diplomatico oppure avere l’autorizzazione per entra in Libano. Vogliono che Netanyahu decida.
Il budget della Difesa
I militari israeliani vogliono capire su quale fronte ci sarà l’investimento del budget della Difesa. Nuove possibilità di contrasto a distanza nei confronti dell’Iran? Una guerra in Libano? Non hanno idea di cosa il governo stia pianificando, quali armi acquistare e come organizzare le truppe.
In generale Ben-Yishai dice che l’esercito pensa che Netanyahu sia un inetto ed un indeciso, al punto tale da paralizzare la guerra. Il corrispondente paragona questa situazione alla “rivolta dei generali” che si verificò prima della guerra del 1967 quando Levi Eshkol esitava ad attaccare l’Egitto. L’Esercito stava considerando la possibilità di prendere provvedimenti contro il Primo Ministro e la cosa fu risolta con la decisione di avviare la guerra.
Netanyahu cambierà rotta e deciderà qualcosa? Se non lo farà, secondo Ben-Yishai, c’è la preoccupazione che i militari possano decidere di prendere la situazione in mano perché credono che la sopravvivenza di Israele sia a rischio.
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