Mentre in Italia il governo decide di tenere tre quarti di Parlamento ostaggio approvando una Commissione d’Inchiesta sulla gestione del covid19, scatenando le ire di chi questa cosa la teme perché non ha modalità per difendersi se non “siamo tutti colpevoli e quindi tutti innocenti”, oltre oceano è andata in onda una delle crisi più devastanti per la Democrazia occidentale, una crisi che tutti fanno finta di non vedere e che è collegata proprio al covid19.
Da mesi si rincorrono gli scandali a causa delle rivelazioni sul controllo che il governo degli Stati Uniti, con il presto della disinformazione russa prima e poi quello del covid19, ha imposto su tutti i media. Una cosa poi imitata da tutti i suoi partner occidentali e che era funzionale a cambiare per sempre lo status quo, come si può vedere dalla guerra in corso. Da mesi viene fuori di tutto, dalla conferma che non c’era alcuna disinformazione russa dietro gli scandali degli ultimi anni alle rivelazioni della complicità imposta non solo ai media mainstream ma anche ai social network attraverso non solo una moral suasion, come piace chiamarla, ma la creazione di un meccanismo perverso di controllo della libertà di espressione, delle informazioni che dovevano circolare e quelle che dovevano essere bloccate, delle persone che potevano parlare e chi non doveva poter farlo, fino alla creazione di veri centri di comunicazione con cui il governo USA imponeva a media e social network la sua realtà e le sue informazioni, censurando, bloccando e persino organizzando campagne stampa o social contro chi non fosse d’accordo. Si badi, non chi diceva menzogne ma solo chi diceva cose vere ma sgradite all’obiettivo politico che il governo doveva raggiungere.
Quattro anni fa sarebbe stato un scandalo internazionale e si sarebbero trovati decine di media a scrivere pezzi di fuoco contro questo tipo di cose ma oggi il metodo covid19 è passato, almeno tra i media – che hanno costante bisogno di soldi – e nella mente di quel 50 forse 60% di persone che lo ha ormai accettato come fatto compiuto e come nuova realtà. Nessuno ha fiatato quando si è scoperto che non c’era alcuna disinformazione russa, quando quotidiano di importanza mondiale venivano censurati sui social network per nascondere i problemi del figlio dell’attuale presidente statunitense poi rivelatisi reali, quando personaggi irreprensibili o grandi professionisti venivano ostracizzati se non censurati e banditi dallo spazio informativo pubblico perché non graditi al governo. La nuova realtà per una larga fetta della popolazione occidentale è questa.
Da mesi le rivelazioni sono una peggiore dell’altra e se molti social network hanno fatto mea culpa ammettendo quello che era semplicemente ovvio, e cioè di avere censurato la verità, e se i media mainstream hanno pagato – come era ampiamente prevedibile – un prezzo durissimo per aver avallato queste scelte, Twitter ha invece scoperchiato un sistema di potere e connivenza assolutamente indecente, uno che avrebbe portato alle dimissioni di tutti quelli coinvolti ed all’avvio di indagini penali da parte della Magistratura. Il Governo USA ordinava direttamente ai social network chi censurare e chi bloccare, quali informazioni passare e quali definire disinformazione e aveva le sue strutture all’interno dei social network per ottenere velocemente un comportamento adeguato alle sue aspettative. Canali diretti di comunicazione erano stati creati in modo che i social network ricevessero dalle agenzie governative persino l’elenco preciso di nascondere e quando non persino bloccare, con il social network che in diverse circostanze finiva per chiedersi se quello che stava facendo fosse legale, non avendo queste persone violato i termini d’uso del servizio né tantomeno alcuna legge. La legge piegata agli interessi di parte e la legalizzazione dell’abuso e della discriminazione.
Di recente la Corte Suprema degli Stati Uniti ha emesso una sentenza esemplare che afferma che il governo “non ha il diritto di determinare quale sia la verità […] Ogni cittadino degli Stati Uniti ha il diritto di decidere da solo cosa sia vero e cosa sia falso.”. Non servirebbe nemmeno rimarcarlo. Nella sentenza si definisce incostituzionale il comportamento tenuto dalle istituzioni USA e si proibisce al governo di stabilire dei canali di comunicazione diretti con i social network per qualsivoglia ragione, specialmente quella di influenzare, bloccare o censurare le informazioni.
Questa semplice ovvietà ha mandato nel panico interi establishment, a partire da quello USA, perché se è vero che il metodo covid19 è screditato verso un buon 35-40% della popolazione, c’è sempre fino al 60% della popolazione che invece ormai ne dipende. Semplicemente, ne dipende. Sarebbe una scossa politica dai risultati difficili da prevedere se questo consistente blocco, che poi è quello che consentito di implementare il metodo covid19 in tutte le sue perversioni più estreme, dovesse prendere altre posizioni.
A soccorso dell’establishment è corso subito l’establishment, con un curioso e a tratti sconcertante articolo del New York Times. Nel pezzo si cerca di sceditare uno dei giudici della Corte Suprema:
“Ed è stato presieduto dal Giudice Terry A. Doughty, che è stato nominato dal Presidente Donald Trump e in precedenza aveva già espresso piccoli dubbi circa affermazioni da parte di scettici del vaccino, affermazioni già smentite. In un caso precedente il Giudice Doughty ha accettato come fatto l’affermazione che ‘i vaccini contro il covid19 non prevengono la trasmissione della malattia'”.
Vivendo nel mondo fantastico dell’iper-realtà costruita, il New York Times non riesce nemmeno a contrattaccare con qualcosa di reale ma inavvertitamente prova proprio il punto della sentenza. Anche le pietre sanno ormai che i farmaci anti-covid19 non prevengono la trasmissione dell’infezione ma per il New York Times il Giudice Doughty ha accettato questa affermazione e quindi è screditato. Peccato che la cosa sia semplicemente vera e che nessuno ormai sostenga il contrario.
Nel mondo assurdo creato dal metodo covid19 si screditano le persone affermando che abbiano dichiarato cose vere.
In un altro passaggio sempre il New York Times è capace di scrivere:
“Sulla carta [il verdetto] è limitato alla relazione del governo con le piattaforme di social media, dice, ma in pratica è portatore del messaggio che la disinformazione sia diritto di parola e che la sua eliminazione sia soppressione del diritto di parola.”
Pazzesco. La possibilità di dichiarare quello che si vuole secondo il New York Times non esiste più e il diritto di parola deve essere guadagnato affermando cose “vere”, cioè cose che il potere accetta come tali altrimenti è disinformazione e non si ha diritto di parola. Questi sarebbero giornalisti??
Ma il livello di disperazione e di importanza di quello che è stato raggiunto con il metodo covid19 lo si comprende quando arriva una notizia: l’Amministrazione Biden sta cercando di usare i poteri di emergenza, e quindi un decreto presidenziale, per bloccare la decisione della Corte Suprema ed impedire la chiusura dei canali di controllo dei social media.
Spiega tutto quello che serve spiegare.
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