Il fallimento in Libano e l’attacco iraniano dietro la nuova Kursk della NATO. La Turchia rischia di affondare con Israele

Il fallimento in Libano e l’attacco iraniano dietro la nuova Kursk della NATO. La Turchia rischia di affondare con Israele

C’è una serie di film di moderato successo il cui titolo in Italiano è “I mercenari” ma il cui titolo originale riflette la natura di quello che sta facendo oggi la NATO non solo in Ucraina: “The expendables”, i sacrificabili.

Dopo il fallimento disastroso delle campagne di Israele in Libano e a Gaza, che hanno lasciato Tel Aviv in una posizione critica, la NATO doveva in qualche modo allentare la pressione dal governo Netanyahu per consentirgli di riassestarsi e, soprattutto, limitare quello che sarà l’impatto dell’attacco iraniano che Teheran, nonostante l’espediente del cessate-il-fuoco in Libano, non ha intenzione di rimandare. Il governo iraniano ha anticipato un attacco devastante che oggi, nelle condizioni in cui è, potrebbe significare un colpo quasi mortale per Israele e soprattutto dare il via ad una reazione a catena che potrebbe minacciare la stessa esistenza dello stato israeliano, incapace oggi di sopportare ulteriori attacchi e altre umiliazioni sul terreno senza che questo ne scuota le fondamenta.

Nasce più o meno così, senza preparazione, senza pianificazione reale ed in fretta e furia la nuova Kursk della NATO, l’attacco dei jihadisti organizzati dalla Turchia verso Aleppo. L’obbiettivo è quello di arrivare di arrivare a controllare il confine siriano-libanese per interrompere i rifornimenti della Siria alla Resistenza libanese e palestinese, rovesciando Hama ed Homs e poi raggiungere Qusayr e Qalamoun (una visualizzazione è presente nell’immagine di seguito). E’ chiaro come questo sia un obbiettivo della NATO per aiutare Israele ad assediare in un prossimo futuro il Libano ed imporre questa volta il suo volere dopo l’umiliazione subita solo qualche settimana fa.

L’operazione non è nuova. Era prevista per Marzo e sia il governo siriano che gli alleati a Teheran e Mosca ne erano ben consapevoli e si stavano preparando. Se la NATO l’ha anticipata di mesi il motivo è la disastrosa sconfitta libanese che ha dimostrato come Israele, equipaggiata con le migliori armi NATO e pur usando l’aviazione che il Libano non ha, non è stata in grado nemmeno di entrare in Libano dove opera una milizia non-statale. Un disastro, per usare un contesto appropriato, di dimensioni bibliche. L’attacco iraniano potrebbe scuotere così tanto le fondamenta dello stato israeliano da rendere possibile persino un attacco coordinato della Resistenza verso l’entità sionista.

Anticipare di così tanti mesi l’operazione però significa anche che la NATO non era pronta. Come a Kursk, c’era un piano di massima che era stato preparato ma non si è avuto il tempo di prepararne i dettagli come si sarebbe fatto nel corso di una operazione vera e non affrettata. Come a Kursk, si è sperato che un attacco a sorpresa facesse crollare in modo così disastroso le difese impreparate del nemico che sarebbe stato possibile – anche solo con un piano di massima – ottenere risultati significativi ed in particolare rovesciare Bashar al-Assad e, da lì, ridiscutere l’intera Siria. Non è un caso che solo pochi giorni fa Netanyahu abbia minacciato Assad dicendogli che “stava scherzando con il fuoco” mentre il Presidente siriano ha confermato a tutti quello che già sappiamo: la Siria sta mantenendo coperto un vasto potenziale militare strategico che non usa per rispondere agli attacchi sporadici di Israele in modo da essere pronta per quella che sarà la battaglia aperta e diretta contro tutto l’Asse della Resistenza. Guerra che potrebbe anche essere scatenata dall’attacco iraniano tra pochi giorni.

Ma l’attacco ad Aleppo fa anche un’altra vittima: la Turchia di Erdogan. E’ chiaro, come del resto ha già annunciato il Ministero degli Esteri russo, che questa operazione è stata concordata con la Turchia, componente della NATO, che si è assunta l’onere di lanciare i jihadisti tagliagole che ha diretto per 10 anni verso la città siriana, sposando gli obbiettivi della NATO e di Israele. Questo significa che Ankara ha preso una posizione chiara e netta: sta nel campo della NATO e non solo aiuta operativamente Israele ma ha una alleanza militare per la quale gli obbiettivi di Tel Aviv sono gli obbiettivi di Ankara e della NATO tutta. Questa decisione, del resto provata più volte nel corso del tempo anche se a parole Erdogan ha cercato di mantenersi equidistante, è definitiva e segna la fine del tentativo di mantenere la Turchia a cavallo degli interessi contrastanti di NATO e II-III Mondo (a partire dalla Russia). La Turchia si conferma hub di addestramento dei terroristi jihadisti del mondo che Ankara poi distribuisce nei vari teatri ed è felice di farlo. Erano entrati per esempio dalla Turchia gli attentatori che del Centro Commerciale Crocus a Mosca poco dopo le elezioni presidenziali russe. Di seguito un video diffuso dai jihadisti cinesi uiguri del Turkestan Party mentre assaltano villaggi nei sobborghi di Aleppo qualche ora fa.

La posizione della Turchia non è assolutamente da sottovalutare. Erdogan ha deciso: Ankara agirà come hub raccogliendo, come si vede dal video degli uiguri, tutti i più pericolosi jihadisti tagliagole del mondo, facendoli arrivare fin dalla Cina se servisse. Metterà poi a disposizione della NATO questa armata jihadista che l’Alleanza potrà usare per i suoi obbiettivi. Ha fatto il giro del mondo il video di una intervista di uno dei comandanti jihadisti impegnati ad Aleppo con la televisione israeliana di Canale11, intervista nella quale il comandante rassicura gli israeliani: “State tranquilli: terremo a bada gli iraniani ed Hezbollah per voi” (di seguito)

L’attacco dei mercenari turchi, più una operazione psicologica che una operazione militare ben definita sebbene un piano esista, ha violato alcune regole non scritte come la “linea delle bandiere”. Se è sembrato efficace è perché fino ad oggi alcune postazioni in Siria erano rette da bandiere dietro le quali pochi uomini facevano più opera di presenza che supporto militare. Fino ad oggi i jihadisti avevano rispettato per esempio le postazioni tenute dai russi o da chi per loro (di solito siriani dietro bandiera russa). Queste posizioni non erano presidi militari, erano più segnali inviati ai jihadisti su dove non potessero attaccare in nessun caso, perché la risposta sarebbe arrivata dai russi. Sebbene confronti fra russi e jihadisti ci fossero già stati, queste posizioni erano considerate sicure. La Turchia ha violato questo accordo non scritto e questo provocherà la reazione russa ma soprattutto sposta definitivamente la Turchia nel campo della NATO, una volte per tutte.

Dopo il tradimento turco – non inatteso – la Russia, come ha già annunciato ufficialmente, ha deciso di liberarsi del problema dei jihadisti di Ankara una volta per tutte. Questo il senso della risposta più debole nelle prime ore perché l’obbiettivo non è più mantenere Aleppo o le campagne circostanti ma avviare una vasta operazione, usando la massima forza militare disponibile, per chiudere l’esperienza turca in Siria. Per questa ragione l’ordine è stato quello di convergere su Hama e far diventare Aleppo una trappola mortale, una Kursk siriana, nella quale – esattamente come successo con gli ucraini – attirare più forze jihadiste possibili e distruggerle su vasta scala, dando poi all’esercito siriano la possibilità di avanzare per recuperare i territori attualmente controllati dai jihadisti e chiudere l’esperienza di Erdogan in Siria.

Questo il motivo per cui Erdogan rischia la sua repubblica. Il presidente turco non sopravviverà alla distruzione delle sue milizie in Siria, né politicamente né personalmente visto che dal petrolio siriano deriva una gran parte della sua ricchezza. Il crollo totale della presenza turca in Siria può persino portare a sconvolgimenti interni alla Turchia nella quale la fedeltà alla NATO e la tolleranza per le milizie jihadiste è solo delle élite. Erdogan rischia quindi persino più della sua sola testa.

Il governo siriano e gli alleati russi e iraniani si stanno quindi preparando ad una risposta che non consenta loro solo di riguadagnare il terreno perduto ma che attiri in battaglia il più possibile di forze jihadiste con l’intento di distruggerle attorno ad Aleppo e poi avanzare verso i territori contesi dai turchi. Questo è ormai un obbiettivo dichiarato, annunciato anche ad Erdogan che non a caso ha chiesto che l’esercito siriano e quello russo si fermino e non rispondano o attacchino i jihadisti.

C’è stata certamente, come del resto a Kursk, una sottovalutazione da parte di russi e iraniani di quello che in pochi giorni è successo attorno ad Aleppo. L’operazione, come detto, era prevista per Marzo ma era impossibile non vedere il raggruppamento di forze che si stava preparando agli attacchi e infatti Mosca ha subito rimosso il comandante Sergey Kisel, capo delle forze russe in Siria, e riportato al comando delle operazioni il generale Alexander Chaiko, al comando delle forze russe che hanno liberato Aleppo nel 2017 (nelle foto). Questo indica anche la volontà di Mosca non solo di difendersi ma di procedere a nuove operazioni.

Già stamattina la situazione per la quale gli sgherri della NATO esultavano assume contorni diversi. Nella notte è partita la controffensiva siriana, subito dopo il ritorno di Bashar al-Assad da Mosca nella quale è stata sancita l’intenzione di risolvere definitivamente il problema. Le voci ridicole di un colpo di stato a Damasco sono state smentite con il ritorno di Assad che, al contrario di altri uomini NATO, nel momento del pericolo vero non è scappato via ma è ritornato in Siria.

Russi e siriani hanno atteso pazientemente che le forze jihadiste entrassero nei sobborghi di Aleppo, il momento in cui si sarebbero dovuti riunire in un fronte unico che nelle prime ore era invece sparpagliato per oltre 100km. Le forze aree russe e siriane avevano bombardato già ieri tutte le concentrazioni di miliziani che si formassero e, nel momento in cui hanno iniziato ad entrare nella parte Est della città e si sono riunite, hanno iniziato a colpirle con attacchi devastanti che hanno causato centinaia di morti tra i jihadisti stimati in circa 10mila complessivamente. Nei video di seguito si vedono i bombardamenti siriani e russi sulle colonne di jihadisti che si erano riunite:

e un attacco alle milizie turche anche nella stessa città di Aleppo oggi, condotto dai siriani con missili Tochka:

Attacchi con missili di precisione anche nella Piazza dell’Università di Aleppo in cui i jihadisti si erano assembrati, con dozzine di morti tra i tagliagole:

Il segnale che Siria, Russia ed Iran hanno deciso di risolvere una volta per tutte il problema del jihadismo NATO in Siria è arrivato anche con l’uccisione del leader dei jihadisti turchi sul territorio siriano, Muhammad al-Jolani, componente di al-Qaeda, confermato da un annuncio di HTS, la milizia filo-turca, (nella foto di seguito il comunicato di HTS e una foto di Joulani):

Ma significativa è anche la distruzione del mercato del petrolio con cui HTS finanziava se stessa ed anche il governo turco vendendo di contrabbando il petrolio sottratto illegalmente alla Siria e il cui traffico era gestito – come annunciato da Putin tempo fa – dal figlio di Erdogan. Foto della distruzione del mercato ad Idlib sono comparse stamattina

Nel frattempo, almeno 10mila miliziani iracheni stanno entrando dall’Iraq per aiutare la Siria a gestire il problema dei jihadisti.

Aleppo non è stata conquistata, Hama ancora di meno. L’obbiettivo oggi di Siria, Russia ed Iran è quello di attirare le milizie jihadiste in un teatro unico, farle concentrare e distruggerle una volta per tutte. Poi la Siria riprenderà il controllo di tutto il territorio del suo stato. Lo schieramento diretto ed aperto della Turchia con Israele e la NATO mette a rischio non solo la posizione di Erdogan ma rischia di far affondare Ankara con Tel Aviv. Il tempo della diplomazia, come annunciato di recente dai russi, è finito e il presidente turco ha fatto la sua scelta.

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