Con una mossa davvero inusuale nella giornata di ieri il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito russo ha ringraziato brevemente i soldati nordcoreani che erano presenti nell’oblast di Kursk e che hanno aiutato l’esercito russo a combattere il contingente ucraino che si è lanciato in una delle più inutili e folli operazioni militari della Storia.
Gerasimov ha sottolineato che “i militari nordcoreani, agendo spalla a spalla con l’esercito russo nella regione di Kursk, hanno dimostrato professionalità, eroismo e forza”. La Federazione Russa ha quindi comunicato pubblicamente che un piccolo contingente di soldati nordcoreani è stato accettato ed ha affiancato i militari russi nella regione invasa dall’Ucraina, contribuendo alla sua liberazione.
La prima cosa da sottolineare è ovviamente che gli occidentali, come si è sempre detto, avevano mentito quando hanno affermato che soldati nordcoreani combattessero in Ucraina, nel Donbass. Quelli erano soldati russi, come gli jakuti, di etnia asiatica che la NATO presentava come nordcoreani. Gerasimov ha confermato che i nordcoreani hanno affiancato l’esercito russo solo a Kursk.
La seconda cosa che è interessante notare è quanto esiguo fosse il contingente, circa 1.500 soldati – tra cui molti volontari – che certo non potevano e non hanno influito sulle sorti delle battaglie. Il significato di questa partecipazione è tutto politico e va ben inquadrato.
Non è un mistero per nessuno come la Russia abbia accettato armi nordcoreane così come quelle iraniane. Non ne aveva certo bisogno ma queste forniture avevano un senso politico, quello di suggellare l’alleanza tra i paesi in questione e mandare anche un segnale alla NATO.
Lo stesso si può dire per il piccolo contingente nordcoreano a Kursk: la Russia ha mandato un segnale alla NATO e cioè quello di avere ormai stretto una alleanza con la Corea del Nord in chiave anti-occidentale e che l’isolamento – almeno di facciata – che Russia e Cina avevano implementato verso Pyongyang era di fatto finito.
C’è però anche un altro significato per la presenza dei soldati nordcoreani a Kursk: la possibilità per l’esercito partecipare ed addestrarsi in un vero scenario di guerra contro le migliori truppe che la NATO abbia preparato, dotate delle migliori armi occidentali. Non era quindi la Russia ad avere bisogno dell’aiuto nordcoreano ma la Corea del Nord ad avere probabilmente richiesto una sua partecipazione per guadagnare quell’esperienza su tattiche e armi della NATO che possono essere utili a Pyongyang in caso di guerra nella penisola coreana. Oltre, ovviamente, a provare le proprie armi contro le wunderwaffen occidentali.
Ancora più interessante un dettaglio: la maggior parte dei nordcoreani non parlava russo, forse addirittura nessuno, ed è stato rivelato che il contingente si coordinava attraverso uno “speciale traduttore” che evidentemente non è una persona ma un supporto tecnologico.
A dare questa connotazione tutta politica è soprattutto l’annuncio ufficiale. Che motivo avrebbe altrimenti la Russia di annunciare ufficialmente la presenza di soldati nordcoreani se non quella di avvertire la NATO e soprattutto gli Stati Uniti che sta attivamente aiutando Pyongyang ad imparare le sue strategie e sviluppare le sue armi per contrastare quelle occidentali?
Nel frattempo gli Stati Uniti e l’Occidente non può dire lo stesso. Le vere capacità nordcoreane rimangono tutte da definire.
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