Sta causando un terremoto politico l’accordo per il cessate il fuoco con Gaza che ormai Netanyahu ha definito ed accettato, anche su pressione dei due presidenti USA. Biden e Trump premono infatti per intestarsi la fine della guerra, per motivi diversi. Biden, ormai in uscita, vorrebbe mostrare come lui volesse la pace in modo un po’ ridicolo dato che l’accordo che Israele accetta adesso è lo stesso che era stato definito 8 mesi fa e che Biden aveva consentito a Netanyahu di rifiutare.
Trump vorrebbe entrare trionfalmente alla Casa Bianca affermando, ed è certamente la verità, di avere costretto lui Israele all’accordo e confermando di volere porre fine alle guerre che gli USA stanno combattendo, come dichiarato più volte in campagna elettorale. Ma aldilà delle sbruffonate dei due presidenti la situazione per gli USA è molto preoccupante. Il paese è in crisi economica, continuano i licenziamenti e la guerra in Palestina è persa in modo non dissimile da quella in Ucraina. E’ chiaro che non c’è in questo momento un invio di armi, che comunque Biden ha appena rinnovato, che consentirà ad Israele di vincerla e il rischio di una escalation su tutti i fronti è troppo alto.
Israele ha perso in Libano, gli yemeniti continuano ad attaccarla giornalmente (anche oggi), le tensioni con l’Egitto montano e sullo sfondo rimane l’Iran, il cui governo sta tenendo fermi i militari con la scusa di un accordo su Gaza. Potrebbe poi aprirsi un nuovo fronte in Siria, dove Israele spera di consolidare l’occupazione anche se Netanyahu sperava in un modo o nell’altro di occupare parti del Sud del Libano. La nuova amministrazione USA è stata chiarissima: Israele deve essere “realista” e capire che non può ottenere nessuna parte del Libano e la situazione in Siria è tutt’altro che definita.
Quella di Gaza è una sconfitta cocente che Israele deve accettare. Gli uomini di Trump sono stati molto chiari e il neo-presidente stesso ha iniziato a condividere video e post che denigravano il premier israeliano. Trump non rischierà l’opinione pubblica per Israele anche perché Tel Aviv ha dimostrato di non avere alcuna possibilità di vincere militarmente nessuno dei conflitti a cui ha partecipato.
Ma Israele sta implodendo anche come stato ed è chiaro che ha perso la guerra mediatica nonostante un supporto quasi totale dei media mainstream. I network TV statunitensi, come sempre hanno fatto in passato, hanno iniziato a riposizionarsi e diffondere inchieste anti-Israele. E’ il segno che la guerra è persa e i media stanno cercando di riguadagnare il favore del pubblico trasmettendo quello che hanno nascosto per quasi 2 anni.
Nel frattempo a Tel Aviv e dintorni la situazione è esplosiva. L’Associated Press ha riportato ieri (video di seguito) che almeno 200 soldati hanno firmato una lettera nella quale si rifiutano di continuare a combattere e pretendono un cessate-il-fuoco immediato, affermando di avere fatto o visto fare azioni che superano tutti i limiti morali.
A sua volta il Governo ha affermato che finiranno tutti i prigione se si rifiuteranno di combattere. E questa è solo una delle situazioni esplosive in Israele.
I ministri ed i politici israeliani sono però giustamente preoccupati che, con la fine della guerra, i paesi possano iniziare a prendere provvedimenti e i paesi occidentali stanno cercando di correre ai ripari perché i mandati di arresto della Corte Penale Internazionale non si annulleranno solo perché si fermerà la guerra. Anche con il cessate-il-fuoco molti esponenti israeliani rischiano di essere arrestati in molti paesi, così come tantissimi militari di Tel Aviv.
Nell’accordo per il cessate-il-fuoco, che potrebbe essere annunciato nelle prossime ore, ci sono comunque alcuni elementi da limare:
- Israele ha chiesto che i primi 3 detenuti dai palestinesi, per motivi umanitari, vengano rilasciati già il primo giorno dell’accordo. I palestinesi hanno deciso di includere 9 soldati su 11 che sono detenuti a Gaza, già nella prima fase dell’accordo anche se non rientravano nella definizione di “motivi umanitari” (anziani, malati, donne). In cambio Israele libererà 1000 palestinesi;
- le zone cuscinetto che Israele voleva mantenere a Gaza avranno dimensioni più contenute degli 1,5km proposti. La loro dimensione sarà tra 500 e 700 metri. L’accordo però prevede anche mappe dettagliate delle zone che saranno occupate e di quelle da cui Israele si deve ritirare, mappe che ancora non sono state consegnate ai palestinesi;
- i palestinesi hanno ottenuto che i rifugiati che hanno dovuto abbandonare le loro case possano tornarvici senza alcuna condizione, siano uomini o donne. Un contingente di osservatori di Egitto e Qatar garantirà un passaggio sicuro per tutte queste persone, inclusi i loro veicoli e camion con team specializzati per la ricostruzione;
- i palestinesi hanno anche ottenuto che la ricostruzione inizi immediatamente e che ogni famiglia palestinese riceva dei rimborsi;
- l’accordo prevede inoltre che il valico di Rafah venga liberato subito dagli israeliani: da lì entreranno centinaia di camion al giorno con aiuti e almeno 50 autobotti al giorno di combustibile. Il corridoio Philadelphi deve essere evacuato da Israele entro la Fase 3 dell’accordo.
Si tratta di condizioni, insieme con le altre, da cui si evince chiaramente che la guerra in Palestina per Israele è persa e che gli Stati Uniti non riescono più a supportare l’alleato che è stato sconfitto e che deve necessariamente riorganizzarsi ed ottenere qualche mese di calma. In particolare, USA e Occidente sperano che l’accordo di Gaza blocchi gli attacchi dello Yemen e convinca gli yemeniti a riaprire il transito nel Mar Rosso. Anche quella guerra è persa per l’Occidente.
Queste condizioni umilianti stanno provocando un terremoto però in Israele, dove Trump in particolare – la persona che ha imposto l’accordo – viene insultato continuamente da diversi giorni.
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