Si dice da tempo che la campagna lanciata dai governi e dalle mega-corporation con la scusa del covid19 è clamorosamente fallita nonostante sia stata senza dubbio la più grande e pervasiva campagna di marketing della Storia dell’Uomo. Sebbene sia riuscita senza dubbio ad ottenere successi rilevanti e sia arrivata ad un passo dal creare una nuova realtà di controllo delle informazioni e delle opinioni e sebbene sia riuscita senza dubbio a catturare una maggioranza importante della popolazione non è però riuscita ad sfondare quella soglia che le avrebbe consentito di poter considerare chi vi si è opposto come minoranza irrilevante.
Questi risultati variano di area in area ma in generale nei paesi occidentali non si è riusciti ad influenzare attorno al 30-35% della popolazione complessiva che si è opposta, anche duramente, a tutte le misure illegali ed anti-democratiche. Il 35% può sembrare poco ma non lo è. Per ottenere un risultato permanente, cambiando per sempre la realtà delle cose ed annullando le costituzioni democratiche (seppur borghesi) la soglia di chi si opponeva doveva rimanere marginale, sotto il 10 o ancora meglio attorno al 5%. Questa era la consistenza di un gruppo che si può sostanzialmente ignorare e che non può influire più di tanto. Ma con il 35%, e qualche volta anche di più, non sottomesso (il termine giusto è questo) era inevitabile che tutto venisse messo velocemente in discussione. La realtà parallela che si pretendeva di costruire non poteva durare.
Ed infatti non è durata e le vittime di questo processo sono state sicuramente quei media che si sono prestati a fare da complici e facilitatori, ovviamente non gratis, per il progetto covid19. Sarebbero stati i media mainstream, già fortemente screditati, a pagare le prime conseguenze dirette. Progressivamente TV, quotidiani, siti Web ed i loro giullari hanno iniziato a dover mettere in discussione le verità che spacciavano quando hanno iniziato a notare grandissimi cali di capacità di influenza fino a diventare sostanzialmente inutili. Non un dettaglio per chi sperava di diventare la grancassa della propaganda, e ricevere ingenti finanziamenti per questo, e ora si trova in pericolo di esistenza.
Doveva far riflettere la posizione di Twitter che oltre a ribaltare completamente la sua posizione, portando anche alla luce gli scandalosi tentativi di censura culminati con la pubblicazione delle famose e-mail e testimonianze, ha da poco deciso di uscire dall’organismo di propaganda e censura della UE, che l’Unione chiama “Codice di condotta UE sulla disinformazione”, scatenando l’ira dei politici europei.
Doveva far riflettere perché nessuna persona che guidasse una azienda con interessi economici grandi come quelli di Twitter si sarebbe mai ritirata da un organismo che le assicurava ingenti vantaggi economici. Questo ammesso che questi vantaggi ci fossero davvero ed infatti la domanda che molti non si sono posti è quella fondamentale: se Twitter si ritira dal Codice significa che pensa che questo possa danneggiarla economicamente perché le persone che lo usano risponderebbero con un ancora più veloce esodo verso piattaforme più libere e affidabili. E’ oggettivamente il caso peggiore quando la parte economica di un paese non vede vantaggi economici nel partecipare alla propaganda del proprio governo e pensa di esserne anzi svantaggiata, è il caso peggiore perché questo segnala un cambiamento in vista senza possibilità di recupero per chi ha tentato l’operazione. E’, in effetti, un tentativo di fascismo fallito e respinto da quelli che – sempre – ne traggono maggiore profitto.
Non è sorprendente, quindi, che nel giro di pochi giorni altri due protagonisti della follia covid19 abbiano tirato somme amare. La prima è stata la CNN che ha commissionato uno studio interno per capire il crollo degli ascolti che ha fatto fallire prima la app a pagamento e poi ha devastato anche gli ascolti sul canale satellitare tanto da spingere l’azienda velocemente verso una situazione finanziaria negativa.
Mentre, per citare un caso importante, Tucker Carlson – che tra l’altro ha recentemente abbandonato la Fox – registrava ascolti superiori ai 20 milioni per serata, la CNN sprofondava sotto i due milioni, quindi fino a 10 volte meno. L’indagine interna commissionata dalla CNN ha rivelato quello che sarebbe bastato chiedere a qualsiasi persona per strada: l’adesione massiccia ed incondizionata alla propaganda covid19 ha devastato la credibilità della testata ha reso inattendibile quello che la CNN diceva ed ha trascinato con sé tutto il resto. Dopo essere risultata inattendibile, complice e persino propagandistica sul covid19 anche tutti gli altri settori, dalla Politica agli Esteri all’Economia, sono stati considerati inattendibili e l’emittente è semplicemente affondata tutta intera. Ad Aprile un sondaggio YouGov dava come risultato che solo il 13% degli statunitensi adulti considerano la CNN come “attendibile”.
Non è andata meglio a Meta che, secondo molte indiscrezioni, sta cercando di creare un nuovo servizio simile a Twitter per cercare di attirare un numero maggiore di utenti dopo il crollo recente legato, neanche a dirlo, agli scandali emersi dalla collusione della piattaforma con i governi di mezzo mondo per censurare informazioni e persone in modo da reggere il gioco alla follia covid19.
E’ stato alla fine l’AD Zuckerberg a dover ammettere che la fiducia del pubblico nella piattaforma è crollata a causa non, come starnazzavano le oche, alla disinformazione ma – al contrario – alla pervasiva e costante censura di informazioni vere e di persone informate e competenti che però non erano d’accordo con le idee che il mainstream doveva imporre al suo “pubblico”.
“La disinformazione è stato un tema scivoloso perché c’erano delle cose che potevano essere false, dal punto di vista fattuale, però probabilmente non erano dannose o pericolose. Qualcuno poteva semplicemente sbagliarsi, senza voler essere pericoloso o dannoso, e invece c’erano altre cose che erano un vero problema. E poi c’erano altre cose, sul covid all’inizio della pandemia, che potevano avere implicazioni reali sulla salute. Non abbiamo avuto tempo per verificare tutte le conoscenze scientifiche e sfortunatamente l’establishment era sicuramente confuso su tante cose e molti fatti ed ha richiesto la censura di tante informazioni che, in retrospettiva, erano da discutere o addirittura vere. E’ stato davvero un errore e questo ha davvero minato la credibilità”.
Zuckerberg, travolto come Twitter dagli scandali delle agenzie governative che ordinavano censure o addirittura distribuivano liste di account da bloccare su piattaforme create ad hoc per queste attività, cerca ora di far ricadere la colpa sui governi senza menzionare come si è messo, lui come altri, al servizio in modo completamente a-critico ed ha favorito, incoraggiato e in ultima analisi reso possibile la censura non di chiunque diffondesse informazioni false ma di chiunque diffondesse informazioni che gli establishment politici non volevano fossero diffuse anche se vere.
Non si rammaricherebbe Zuck se la sua piattaforma, come molte altre, non stesse ora pagando il prezzo di questo comportamento suicida e illegale che ha aperto – questo si – la strada a decine di piattaforme concorrenti e soprattutto alla consapevolezza tra le persone che la manipolazione da parte della politica occidentale è reale e pervasiva e che richiede altre soluzioni, altre piattaforme, altri mezzi.
Era già tutto scritto. Troppo tardi ora cercare di salvare qualcosa. Lo scandalo travolgerà, e lo ha già fatto, tutto il sistema dei media mainstream che ormai non vale più niente.
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